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Giuseppe Digiacomo
PETTINE BELLO
Buona parte dei personaggi di questo romanzo è ancora viva, compreso l’autore, buona parte ha tirato le cuoia. Ma tutti, vivi, morti, moribondi irrompono sullo scenario della città-teatro irriverenti, caustici, cialtroni, eroici, goliardici, raffinati, asini e colti. E così, l’autore litiga con Gesualdo Bufalino a causa di Turi Papuni, maledica Diodoro Siculo per non avere celebrato le sue gesta, smaschera Salvaote Fiume e il suo contrapiglio, mette a confronto Nonna Rosi’ con Abramo Lincoln. Il tutto in una giornata del 1976, a Comiso, in cui gli anni di piombo sono un surrusco inquietante ma lontano, come il rombo della 1750 Alfa Romeo dei tamarri della Germania, al rientro da Scoglietti. Mascariata irreistibile, farmaco sperimentale per curare la malinconia, o meglio, la picondria.
€ 15,00
C’è un libro, “Pettine bello” di Giuseppe Digiacomo, che va letto perchè appartiene alla nostra generazione di questa nostra porzione di Sicilia. Ma è anche la poetica antologia di una tra le mille Spoon River del mondo. L’ho letto con gioia tonificante. Adesso l’ho riletto come viaggio incantato di un cinefilo nel cinema che ci ha fatto troppe volte sognare. (Carmelo Arezzo)
Poniamo che siate in treno, vicino a una persona che sta leggendo Pettine bello di Pippo Digiacomo. Sappiatelo: il vostro sarà un calvario, perché verrete continuamente disturbati dalle risate omeriche del vostro vicino lettore. Per non invidiarlo vidimante e inutilmente, sfidatelo, a chi tracanna più vino in un quarto d’ora: in palio, naturalmente, il libro. Dentro il quale, così facendo, vi ritroverete, senza saperlo ancora (Giuseppe Traina)
Un libro spassoso e ‘mmazzibili, ma anche commovente per l’intreccio narrativo che si dipana, sul filo della memoria, nell’arco di una giornata d’estate, il 21 luglio del 1976, felicementeg trascorsa dall’autore come protagonista di un “cuntu”, teatralmente rievocativo.
Peppuccio, il ragazzo che si racconta e ci racconta, colloca la sua dilatata esuberanza di gioventù, in un’estate indolente, dopo gli ultimi fuochi d’artificio di San Biagio. Finita la festa del patrono, si dà inizio ad una particolare diegesi, a fisarmonica, che scandisce tutta la giornata, andando a zig zag, avanti e indietro nel tempo, frammista di ricordi e di avvenimenti, senza preoccuparsi però, volutamente, di una sequenza narrativa coerente, tra ciò che è accaduto, accade o accadrà, fra un prima, un’ora o un dopo. Tutto è un possibile “cuntu”, a Comiso, nella città teatro di Gesualdo Bufalino.
Oltre l’incommensurabile scrittore che in quegli stessi anni si esibiva nel regesto di un privatissimo Museo d’ombre (pubblicandone, in parte, per una edizione della Pro Loco, l’esistenza di cenere e vita, in una miscellanea dal titolo “Comiso Viva”), esisteva pure una fervida e feconda pletora di sconci personaggi, di più o meno note figure paesane, di artisti e cantanti famosi, di familiari, che si materializzano e premono con forza 40 anni dopo, fra i ricordi di uno sconosciuto Peppuccio, ormai maturo signore di sessant’anni.
Pettine bello è un itinerario narrativo nella Comiso degli anni Settanta. Sono tanti e variegati i personaggi che si muovono nel divertente impianto narrativo. “Fanno parte della mia giovinezza – spiega l’autore – e mi hanno accompagnato fino all’età più matura. Sono stati un po’ i protagonisti della mia vita. Irrompono in uno scenario di città teatro in una giornata del 1976 vissuta da un giovanotto appena maturato. Raccoglierli e farne un libro è stata un’operazione iniziata qualche anno fa e che mi ha consentito di ripercorrere una vicenda personale”.
ISBN: 978-8862600385
Casa Editrice: SALARCHI IMMAGINI
Collana: Fuori collana
Data di pubblicazione: 2019
Pagine: 160
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